ESCHER
Firenze, 21.01.2023
Perché
Mi piace pensare e ricordare sempre a me stessa, che la nostra professione non è mai limitata al saper fare una cosa soltanto, ma sia piuttosto è uno spaziare di competenze, di informazioni e di attenzioni: il tutto amalgamato sapientemente dalla sensibilità e dal tocco personale.
Scegliere allora di impegnare una giornata per visitare una città, una mostra al suo interno, uno show-room o una fiera, significa per noi andare a cercare tra gli scaffali del sapere, artistico e tecnico, e prendere ciò di cui abbiamo più bisogno per il nostro bagaglio lavorativo.
Tornare poi a casa e tirare un po’ le somme di quello che un’esperienza ha lasciato, un po’ come un segno a carboncino su carta ruvida, fa sì che ci si domandi se non sia utile e forse necessario, scrivere due righe a riguardo, affinché qualcuno possa trarne spunto.
Il luogo
Ci troviamo a Firenze, a pochi chilometri da qui, Arezzo, altra città incredibilmente densa di storia, arte e spunti architettonici; più precisamente, siamo in uno dei meravigliosi palazzi fiorentini, l’antico Spedale degli Innocenti: luogo nel quale la storia di un’infinità di persone, è cambiata.
Poter osservare i lavori dei grandi artisti del passato, camminare nei corridoi realizzati dal Brunelleschi, uno dei più grandi architetti Rinascimentali, sicuramente può cambiare qualcosa anche in noi; o almeno, può certamente smuovere la nostra curiosità.
Questa mostra è allora un viaggio tra la vita e le opere di un uomo, Maurits Cornelis Escher, avviluppate alle vicende storiche fiorentine.
La mostra
Il percorso che ci viene proposto, non è solo un’accozzaglia di opere, non un insieme di disegni da osservare freddamente, ma una linea ordinata e composta, intervallata da spunti e vicende storiche: un mix tra i lavori e la vita dell’autore. All’interno di ogni suo disegno troviamo arte, matematica, scienza, fisica, design e molto altro ancora: un universo creativo incommensurabile e probabilmente inarrivabile, grazie al quale egli ci porta nei vicoli più reconditi del suo stesso viaggio d’introspezione. Ci trasporta in mondi che sulla carta, sono così utopici, inverosimili e affascinanti, da risultare semplicemente perfetti.
Escher aveva una grande passione per la logica e le discipline scientifiche e matematiche; passione che si intrecciava con l’amore profondo e quasi fanciullesco che aveva per il “bel paese”: molte delle sue opere rappresentano scorci dell’incantevole Roma, così come dei paesaggi siciliani e dei piccoli borghi toscani.
Accanto a queste rappresentazioni che, ricordiamolo, erano il risultato di litografie e xilografie (tecnica particolare quanto impegnativa e complicata), si trovano moltissimi altri studi; lo studio del latino, che lo porta a raffigurare alcuni proverbi, rendendoli immagine; la conoscenza della Bibbia che lo portò, tra le prime opere, a rappresentare i primi sei giorni della Creazione.
Dopo queste serie di lavori, Maurits si evolve incredibilmente; dai disegni dell’amata Italia, approda a delle opere molto più complesse, per forma e per concetto: innamoratosi delle geometrie di mosaici e mattonelle ad Alhambra (Granada), inizia un percorso che durò poi anni, e che lo vide raffigurare oggetti, luoghi, paesaggi, pensieri, con geometrie rigide, dure e spigolose: direi così taglienti, quanto affascinanti.
Le stampe di Escher diventano allora logiche, schematiche, esse stesse sono la rappresentazione del continuo divenire e del trasformarsi: Metamorphosis I, II e III ne sono l’esempio più distintivo.
In ognuna di queste lunghissime rappresentazioni, la forma geometrica iniziale, diviene qualcosa di solido, più concreto, mutando poi il suo aspetto verso elementi organici, fino a ritornare geometria pura: il filo conduttore, è un’esistenza mutevole e variabile, in costante evoluzione.
La trasformazione di alcune semplici linee su un figlio di carta, ad un solido puro, che poi prende vita e diviene organico, dettagliato, reale: è questo il processo delle Metamorfoso, ed è il medesimo percorso che deve compiere l’opera architettonica dal momento ideativo sino al suo compimento.
E se è vero che le architetture di Maurits Cornelis Escher sono conosciute perché “impossibili”, la sua opera lascia, ad ogni architetto, un grande lascito: il coraggio di immaginare, sperimentare, osare e creare oltre ogni limite del reale.
Arch. Laura Pagnotelli